imperfezioni

La nostra è una società che spinge sempre oltre.
Raggiunto un limite, bisogna subito ridefinirlo.

E il fotografo ne è un ottimo esempio, rincorre da sempre la perfezione nella macchina fotografica da acquistare, nell’esecuzione tecnica dello scatto, nell’istante decisivo (o perfetto?) di bressoniana memoria.
Anni e anni a impratichirsi, a studiare, a sperimentare.
Per giungere allo scatto finale, perfetto, ineguagliabile.
E per accorgersi che oramai non basta più.

Ormai siamo oltre la perfezione. Se una fotografia è “troppo perfetta”, ecco che scatta il dubbio, la sensazione che ci sia qualcosa che non va. Un qualcosa di finto, un inganno creato ad arte. La perfezione diventa quindi un traguardo che però qualcuno ha nel frattempo spostato altrove. Tocca forse fare un passo indietro, consapevolmente, a ricercare l’imperfezione. Un’imperfezione che porti in dote il profumo di un legame, quello con la realtà, che è sempre stato molto sofferto. Per riportare la fiducia (inevitabilmente mal riposta) negli occhi di chi guarda la fotografia.
Per farla sembrare più “vera”.

Tocca forse sbagliare d’intenzione, serrare i denti e far buon viso a cattivo gioco. La sfida si è spostata in un altro campo. Quanta imperfezione serve per rendere perfetta una foto perfetta?